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Lavoro

Fare un lavoro che non piace: un male del nostro tempo che si cura così

Elio Dicembre 2, 2021


Background

Fare un lavoro che non piace e sentirsi insoddisfatti è sicuramente una cosa diffusissima che accomuna molti lavoratori della nostra epoca. Per farci piacere di più quello che facciamo tutti i giorni e per essere più soddisfatti del nostro lavoro abbiamo due scelte: o cambiamo lavoro, o rimaniamo lì dove siamo e, in qualche modo ce lo facciamo andare bene.

Siccome il tema della voce del Daimon è realizzare il proprio potenziale e la propria personalità anche tramite il lavoro, va da sé che ritengo che fare un lavoro che non ci piace sia una di quelle cose che tutto fanno tranne realizzare noi stessi e renderci felici.

Abbiamo già trattato del tema di fare un lavoro che non piace

Il lavoro è un elemento fondamentale per l’espressione di noi stessi e per il nostro benessere sia fisico che mentale, non foss’altro che per la quantità di tempo che ci dedichiamo nell’arco della nostra vita, ma anche per le risorse fisiche, energetiche e talvolta anche economiche che investiamo.

Eppure, nonostante questo grande impegno, molti di noi sono o relativamente insoddisfatti (nel migliore dei casi), oppure sono così tanto schifati da quello che fanno tutti i giorni da starci male sia fisicamente sia psicologicamente.

Abbiamo già affrontato la questione di come poter gestire l’ansia per un cambio di lavoro che si fa fra i 40 e i 50 anni, abbiamo già parlato della differenza tra cambiare lavoro e cambiare carriera, abbiamo già guardato quello che possiamo fare quando il lavoro che facciamo ci fa stare male e abbiamo anche parlato di come fare o trovare il lavoro dei nostri sogni.

Ma se invece ci trovassimo in una specie di “limbo” lavorativo, in cui non è che stiamo così tanto male, ma non è nemmeno che facciamo il lavoro ideale per noi? In breve, facciamo un lavoro che non ci piace?

Perché non ci piace il nostro lavoro?

Magari non c’è una motivazione specifica per cui non ci piace il nostro lavoro: magari non è il tipo di lavoro che fa per noi, magari lavoriamo un sacco di ore e, chissà, per una paga insoddisfacente, probabilmente facciamo che un lavoro che ci annoia o che è troppo precario e instabile per noi. O forse facciamo un lavoro che, alla fine dei conti, non serve a nessuno e che ci fa sentire un po’ come nel film “Ricomincio da capo”, in cui ogni giorno è un uguale al precedente.

Certo, non è che dobbiamo avere un atteggiamento troppo naïve nei confronti del lavoro (come avevo io intorno ai 20 anni) per cui o faccio un lavoro che mi piace o ‘fanculo; dobbiamo anche tenere presente che il lavoro, oltre ad una fondamentale necessità di autoaffermazione, risponde ad altrettanto importanti e fondamentali necessità di sostentamento (in breve lavoriamo anche per soldi).

Però quando non c’è la propria autoaffermazione e, in più, lo stipendio non è nemmeno quel granché, allora non stupisce per niente il fatto che quello che facciamo tutti i giorni non ci piaccia e che vorremmo cambiare. Ma come facciamo quindi ad affrontare una situazione in cui il lavoro che facciamo non ci soddisfa?

Secondo me, abbiamo due possibilità: o rimaniamo lì dove siamo, oppure cambiamo. In realtà c’è anche una terza (non) possibilità che è quella di aspettare per vedere se le cose migliorano. Parleremo di tutte e tre queste alternative, ma che tutte iniziano da un primo step comune che è quello della riflessione.

La riflessione

non mi piace il mio lavoro

Quando facciamo un lavoro che sentiamo che ci lascia irrealizzati, è normale o rimanere fermi lì dove siamo, oppure per reazione uguale e contraria, voler cambiare a tutti i costi.

Sia una strada che l’altra hanno la loro validità e, alla fine, ciascuno di noi, dal suo punto di vista, capirà qual è la soluzione migliore nel suo caso.

Ma quale che sia la decisione presa, dobbiamo essere sicuri che sia una decisione ragionata e di cui siamo convinti e il modo migliore per fare questo, è fermarsi e ragionare come si dice “a bocce ferme” per evitare di fare passi avventati.

Facciamoci qualche domanda

Quindi possiamo prendere questo momento di pausa per chiederci, ad esempio, se stiamo male per il lavoro che stiamo facendo, o se sia qualche cos’altro nella nostra vita che non ci piace e che, in un modo o nell’altro, rigiriamo sul lavoro.

È importante cercare di sfruttare questo momento per capire chi siamo e dove stiamo andando (se lo sappiamo) e fare chiarezza se quello che stiamo facendo ci aiuta nella nostra realizzazione. D’altra parte, nella routine quotidiana e nel susseguirsi senza sosta degli avvenimenti nella nostra vita, perdere la bussola è un attimo.

Andiamo nello specifico

come affrontare un lavoro che non ti piace

Ok, abbiamo capito che è il nostro lavoro che proprio non ci piace. Ma a questo punto vale la pena chiedersi che cosa, nello specifico, non ci piace di quel lavoro. Potrebbe essere un problema di comunicazione o personalità con capi e colleghi, potrebbe essere che il lavoro che facciamo vada contro i nostri principi o, magari, potrebbe essere che quello che facciamo ci lascia, il più delle volte, indifferenti o insoddisfatti.

Essere chiari su questi punti può fare la differenza quando, alla fine, prenderemo le nostre decisioni.

Perché non l’hai fatto prima?

Se il nostro lavoro proprio non ci piace, è anche molto probabile che non sia una cosa che abbiamo scoperto ieri, ma che sia un sentimento di sottofondo che sentiamo già da un po’. Ma se siamo così insoddisfatti del nostro lavoro e lo vorremmo cambiare, allora però vale la pena chiederci perché non lo abbiamo fatto prima?

Riflettere su questa questione prima di prendere una qualche decisione può farci capire se e dove sono eventuali nostri blocchi. Ad esempio, non abbiamo mai cercato un altro lavoro perché pensiamo di essere troppo vecchi, di non avere esperienza, di non avere la formazione o le caratteristiche giuste, perché non sappiamo usare il computer, perché non sappiamo le lingue, perché siamo spaventati dall’idea di non sapere come andrà, o qualunque altra ragione.

Fare una riflessione su queste credenze limitanti che abbiamo può essere un punto fondamentale per aiutarci a capire in quale direzione vogliamo muoverci.

Rimanere dove siamo

Ok, abbiamo fatto tutte le nostre brave riflessioni e siamo giunti alla conclusione che per noi la soluzione migliore è quella di rimanere lì dove siamo. Benissimo, anche perché non è assolutamente detto che cambiare lavoro sia la soluzione migliore sempre e per tutti. Ma allora, se abbiamo deciso per questa opzione come ci potremmo comportare?

È una questione di soggettività

Prima di andare avanti con tutto il resto, è importante capire se la decisione che abbiamo preso non sia frutto né della pigrizia, né tantomeno di convinzioni limitanti.

A dire il vero cambiare lavoro è uno sbattimento enorme; in alcuni casi, questo cambiamento semplicemente non è possibile farlo. In molti casi, però, questa impossibilità è dettata più che altro dalle nostre convinzioni limitanti che ci dicono che non possiamo fare questo o quell’altro o che non possiamo essere quello a cui noi vorremmo tendere.

Non poter fare una cosa è una cosa ben diversa da pensare di non poterla fare.

Un cambio di prospettiva

odio il mio lavoro

Cambiare il nostro punto di vista quando facciamo una scelta di questo genere è una delle cose più sagge che possiamo fare, e quindi potremmo iniziare a dare più importanza a tutto quello che quel lavoro ci dà, nonostante non ci piaccia, e pensare meno a quello che non ci dà.

Magari ci dà la possibilità di dedicare del tempo alla nostra famiglia, o magari ci dà il tempo o le risorse economiche per dedicarci a ciò che ci realizza di più; in qualunque caso dobbiamo guardare a ciò che di soddisfacente questo lavoro ci permette di fare.

Un altro cambio di prospettiva

Ma possiamo anche cambiare prospettiva sempre rimanendo nell’ambito del nostro lavoro. Ad esempio, magari, il nostro lavoro non ci piace perché ci annoia e non lo riteniamo stimolante. Per “farcelo piacere” di più, possiamo chiederci quali possibilità di crescita ci garantisce quel lavoro, o quali parti della nostra personalità possiamo comunque soddisfare nonostante, il lavoro in sé, non ci piaccia particolarmente.

Magari siamo delle persone naturalmente curiose e potremmo soddisfare la nostra curiosità cercando di conoscere meglio quell’occupazione che, fino ad adesso, non ci è piaciuta più di tanto.

E, ancora, un altro cambio di prospettiva potrebbe essere quello di non guardare solamente il lavoro che stiamo facendo come una cosa inutile, ma potremmo iniziare a considerarlo come una specie di “palestra” in cui allenare competenze che potrebbero venirci bene in futuro quando cambieremo.

Possono venirci pensieri come “Sì, ma non mi piace nessun lavoro!”; ok, è vero, ma sicuramente in ognuno di questi c’è qualcosa che va bene per te.

Per cui, per esempio, adesso non ci piace il lavoro che stiamo facendo, ma il nostro ruolo ci richiede doti organizzative, informatiche o di gestione delle persone, tutte capacità che potremmo tranquillamente mettere nel curriculum e che potrebbero aiutarci a trovare un lavoro più adatto a noi tra qualche tempo.

Un lavoro che non piace non è comunque tutto

Nel momento in cui decidiamo di mantenere il lavoro che abbiamo, necessariamente rivolgeremo parte delle nostre energie alla nostra realizzazione al di fuori del lavoro. Quindi è molto importante ricordarsi di mantenere vita lavorativa e vita privata separate, in modo tale che questa insoddisfazione lentamente non esca dal contesto lavorativo e vada a inficiare anche la vita privata.

Se riusciamo, quindi, dobbiamo mantenere gli effetti negativi del lavoro all’interno della nostra vita professionale per evitare che questo abbia degli influssi negativi sulla nostra salute, sulle nostre relazioni e che ci impedisca di trovare altri modi per realizzarci.

Smettiamo di lamentarci e di dire al mondo “odio il mio lavoro!!”

non mi piace nessun lavoro

Se la decisione che abbiamo preso è rimanere lì dove siamo benissimo, abbiamo fatto la nostra scelta e ce ne dobbiamo prendere la responsabilità. Se abbiamo fatto questa scelta, allora vuol dire che accettiamo tutto ciò che di negativo questo lavoro porta con sé, e se lo accettiamo, allora “perdiamo il diritto” di lamentarci.

Lamentarci perché facciamo un lavoro che non ci piace, va bene, ed è normale, ma poi deve arrivare un momento in cui smettiamo di lamentarci, smettiamo di menarla al mondo dicendo “non mi piace il mio lavoro” e facciamo qualcosa. Oltretutto, lamentarci significa continuare a focalizzarci su ciò che di negativo c’è nella nostra vita, e se continuiamo a focalizzarci sulle cose negative, allora, sicuramente, non andremo mai da nessuna parte e, soprattutto, se continuiamo a lamentarci vuol dire anche che, in fondo in fondo, non siamo contenti della nostra scelta di rimanere dove siamo.

Oltretutto, se ci lamentiamo, facciamo anche la parte delle vittime e, chissà, una parte di noi in quel ruolo ci sguazza ed è per quello che vuol continuare a rimanere lì perché, per qualche logica perversa, un lavoro che non ci piace ci dà la possibilità di vestire i panni della vittima, e questo, si, ci piace un botto.

Qualcosa di nostro

È difficilissimo che il lavoro che ci capita, così com’è, si adatti perfettamente alla nostra personalità. Se noi interpretassimo passivamente il nostro lavoro, allora facilmente potremmo incorrere nell’insoddisfazione perché quello che facciamo tutti i giorni non avrebbe nulla di nostro.

Ma prima di cambiare, possiamo cercare di “iniettare” nel nostro lavoro qualcosa di nostro, qualcosa che lo renda più personale e quindi più significativo. Possiamo provare a mettere qualcosa di noi dentro questo lavoro per renderlo più nostro.

Cambiare lavoro

Alla fine, invece abbiamo fatto tutte le nostre brave riflessioni e abbiamo capito che la soluzione migliore è quella di cambiare lavoro. Ok, anche questa è una scelta legittima e valida come l’altra (prima di andare avanti, ti invito a leggere prima questo articolo in cui abbiamo già affrontato un po’ l’argomento del cambio di lavoro se hai una personalità poliedrica).

Licenziati con classe

lavoro che non piace

Se abbiamo preso questa decisione, non dimentichiamoci però che abbiamo ancora dei doveri da rispettare: dobbiamo quindi cercare di lasciare il lavoro e allontanarci nella maniera più corretta e costruttiva possibile, non fosse altro che qualche conoscenza che abbiamo lì potrebbe comunque venirci bene in futuro e chissà, qualche parolina buona dal capo o dai colleghi potrebbe comunque venire bene.

Cosa vorremmo fare realmente

Ma, prima ancora di cambiare lavoro, è necessario capire che cosa vorremmo fare realmente. In effetti, se ci pensiamo, avrebbe poco senso passare da un lavoro che non ci piace ad un altro lavoro che di nuovo non ci piace.

Tanto vale fare questo cambiamento per fare qualcosa che ci piacerebbe e più in linea con i nostri talenti. Come dicevamo prima, è necessario prendersi del tempo per capire quale lavoro potrebbe fare di più al caso nostro e, se vuoi, qui ho affrontato in maniera più specifica l’argomento.

Non facciamoci bloccare dalla pigrizia e dalla paura

Fare un cambiamento di lavoro è sicuramente una cosa che spaventa perché ci costringe a lasciare le certezze che abbiamo adesso per “buttarci a pesce” nell’ignoto, in breve, dobbiamo ripartire da zero. Ripartire da capo non piace a nessuno ma possiamo vedere questa come una seconda possibilità che ci diamo per ritrovare la strada migliore per noi.

Poi anche la paura di non trovare un altro lavoro può bloccarci dal fare questo passo. Certo, trovare lavoro al giorno d’oggi è molto difficile ma il verbo “trovare” mi fa venire in mente qualcosa che è lì che aspetta solo noi, un po’ come fosse un fungo.

Beh, chiaramente il lavoro è tutto fuorché questo, quindi invece che “trovare” con un’accezione passiva del termine, possiamo “andare a caccia” del lavoro, un po’ come dicono in inglese “job hunting”, letteralmente appunto “andare a caccia di lavoro”.

Il passo più lungo della gamba

Quando non ce la facciamo più a stare nel lavoro in cui siamo, allora è assolutamente normale voler cambiare il prima possibile. Così facendo, però, rischiamo di fare il passo più lungo della gamba e, in questo caso, questo passo potrebbe essere quello di licenziarci prima di avere un altro lavoro disponibile.

Dal momento che in questo periodo trovare lavoro è molto difficile, prima di lasciarne uno senza averne un altro è meglio fermarsi un attimo e pensarci due volte perché si che lavoro che abbiamo adesso non ci piace, ma la disoccupazione soprattutto quando protratta per lunghi periodi ha altri problemi altrettanto grossi.

Il coraggio delle intuizioni

Fare un cambiamento di lavoro potrebbe avere delle profondissime ragioni, il che vuol dire che noi saremmo, sicuramente profondamente coinvolti. Certo esistono metodi per diminuire il peso del coinvolgimento emotivo dalle decisioni più importanti, ma ad un certo livello, dobbiamo anche fidarci delle nostre intuizioni e di quello che la nostra pancia ci dice, soprattutto quando ci sentiamo di voler cambiare lavoro ma non sappiamo cosa fare.

In quei casi, la nostra testa “fa troppo rumore” e dovremmo provare ad abbassarne il volume per sentire che cosa a dire la parte più profonda di noi che poco ha a che fare con la ragione.

Aspettare ossia la non-soluzione

Spesso confondiamo il rimanere lì dove siamo con aspettare che le cose migliorino. Quando io propongo di rimanere lì dove siamo, non è un rimanere passivo, ma è più che altro una scelta cosciente di cui dobbiamo prenderci la responsabilità e che dobbiamo sfruttare a nostro vantaggio per crescere comunque in una situazione che non è quella che avevamo sperato noi.

Aspettare, invece, io lo intendo come un attendere passivo, in questo caso, che la situazione migliori da sola con il tempo. Secondo me confondiamo le due cose perché aspettando che le cose migliorino da sole, rimaniamo lì dove siamo, il lavoro che facciamo continua a non piacerci come non ci piaceva prima, la situazione non migliora, e noi siamo sempre più frustrati.

Alla fine, lasciamo la nostra soddisfazione ad una botta di culo che può succedere o meno.

Fare un lavoro che non piace è una situazione molto comune, ma non per questo vale il detto deve “mal comune mezzo gaudio”. Se il nostro lavoro non ci piace e magari addirittura ci fa stare male abbiamo il dovere morale nei confronti di noi stessi di trovare un lavoro che fa più al caso nostro, oppure di rendere più soddisfacente la situazione in cui siamo adesso.

In un caso o nell’altro, non ci possiamo permettere di aspettare che il tempo sistemi le cose da solo. Il tempo e le energie che dedichiamo al nostro lavoro durante la nostra vita sono troppe e troppo importanti e allora mi viene da chiedere ma davvero vale la pena di sprecare gli anni limitati della nostra vita facendo una cosa che non ci piace?

Un abbraccio

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